Matteo Boniciolli e una stagione…sopra le righe di Raffaele Baldini

Quando Matteo Boniciolli trova il contesto giusto, la chimica con il gruppo (a prescindere dai valori intrinseci)… è come per il giocatore di talento imbeccare la serata ispirata. Sta riuscendo tutto all’ “anticonformista” del nostro basket, e questo pezzo lo scrivo appositamente prima di gara 5 perché un risultato non può scalfire il capolavoro stagionale.

Dicevamo del contesto: la piazza di Bologna non è uno scherzo, tradizione infinita e pubblico esigente, budget poco sopra la media…insomma tutto quello che per un allenatore è ascrivibile come “pressione e responsabilità”. Il roster, a scanso di equivoci, è di tutto rispetto: Valerio Amoroso era una pedina monitorata da mezza serie A, Ed Daniel idem come sopra, Marco Carraretto l’usato sicuro e vincente che non ha bisogno di presentazioni, il duo Candi-Montano che rappresenta l’eccellenza giovanile in Italia. Il grande merito dell’allenatore triestino è stato quello di aver amalgamato estrazioni e peculiarità diverse, elevato il grado di autostima del nucleo dei pretoriani (Raucci-Italiano-Sorrentino), strutturato le teste dei giocatori lavorando più sugli insuccessi che sulle vittorie. Eh già, alcuni rovesci stagionali hanno rappresentato le “cadute necessarie” per poi rialzarsi più forti di prima, il percorso play off l’esaltante conferma.

Matteo Boniciolli alle condizioni di Matteo Boniciolli, senza compromessi e andando contro corrente, istrione nello “sfruttare” le occasioni mediatiche; i time out ormai sono oggetto di culto in rete, “uscite” ad arte come un attore consumato del parquet.

A livello motivazionale neanche occorre parlare: lo spirito dell’allenatore è quanto più affine a quello dei propri tifosi, della “Fossa”, della parte più verace bolognese. La cavalcata è un moto crescente di entusiasmo, volontà di superare i propri limiti, senso di appartenenza. L’empatia emozionale fra pubblico-allenatore-squadra non è ruffiana ma reale, il risultato è un PalaDozza esaurito e debordante di passione.

La lacrime di Matteo Boniciolli dopo gara 4 sono simili ma per certi versi molto diverse da quelle dopo la Coppa Italia vinta con Avellino. Da una parte il parallelismo calza quando ci si commuove per un risultato insperato quando nessuno ti da per vincente (o favorito), dall’altra il significato è molto diverso in quanto l’impresa con la Fortitudo prescinde da qualsiasi epilogo; è di per sé un capolavoro umano-tecnico-tattico.

Probabilmente nello stile di Boniciolli, l’estate con pacche sulle spalle e complimenti da ogni dove sortiranno l’effetto opposto: agli idilli bolognesi potrebbero seguire espatri repentini e privi di apparente logica, alla volontà di marchiare la “F” a vita, un colpo da teatro con saluti a tutti, arrivederci e grazie.

Anche questo fa parte del mondo boniciolliano…abitanti di questo mondo? Uno, lui.

Ah si, tutto quanto sopra espresso ha significato zero, in quanto il sottoscritto parla impropriamente di pallacanestro, dovendo occuparmi in realtà di architettura.

Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)