Il “corazón” argentino non basta: il Team USA vola in semifinale

Uno strepitoso Kevin Durant porta gli americani a battere l'argentina dei "veterani" Scola, Ginobili e Delfino.

Tifo indiavolato e un unico sogno: (ri)battere il Team Usa, magari grazie al contributo dei veteranissimi Ginobili, Scola, Nocioni e Delfino. Gli statunitensi invece devono zittire i detrattori e allontanare lo spettro di una clamorosa ma non impossibile sconfitta, ritrovando ciò che è sempre mancato in questa prima fase: il gioco di squadra.

Ottimo approccio degli argentini, che si fanno trascinare dalla lucida follia di Campazzo: senza paura se ne va in area e alza degli arcobaleni mandando al bar Durant e Jordan come fossero statue di cera; a 5.24 il Team USA è sotto 14-7 tirando col 2/9 dal campo e subendo l’onda agonistica degli avversari. D’istinto avremmo già assegnato la medaglia d’oro a Facundo per le sue prodezze, ma Durant replica con sistematicità trascinando i suoi al pareggio (21-21): peccato per la squadra di Hernandez, che psicologicamente avrebbe dovuto chiudere il quarto avanti, ma si ritrova sotto di 4 (25-21) dopo la mini-rimonta del secondo quintetto USA.

I giganti statunitensi spadroneggiano a rimbalzo e sotto le plance – sia in attacco sia in difesa – propiziando la prima incisiva folata di Coach K, che improvvisamente vola a +15 (36-21). Le seconde linee argentine, intimorite e prive di qualità cestistiche sopraffine, non fanno che favorire l’allungo che tocca il +20 (47-27) dopo una penetrazione di Kyrie Irving. Il “depth”, ovvero la profondità della panchina, è il valore aggiunto di questi Stati Uniti, meritatamente avanti 56-40 all’intervallo di metà partita.

Ricominciano le ostilità e Kevin Durant gioca con gli occhi iniettati di sangue: 24 autografi personali per lui, e nuovo corposo vantaggio per i suoi, che conducono 71-47. Come è logico che sia, Coach K chiede di gestire con “testa” questa fase di gioco, nella quale l’Argentina fatica a schiodarsi dal -20: non c’è l’energia, non ci sono i “centrimetri” (non a caso l’Australia aveva messo paura, con Baynes e Bogut) e nemmeno la qualità sufficiente per giocare alla pari. Terzo quarto che chiude il sipario sul punteggio di 87-61 in favore dei nordamericani.

Ultimo quarto senza aneliti di vittoria: l’ineluttabile clessidra del tempo ha condannato, in questa Olimpiade, Lituania, Francia e ora anche l’Argentina; tutte nazionali che dovranno ricostruire il loro futuro senza il contributo di gloriosi veterani, ai quali va il “grazie” di tutti gli appassionati di questo sport. Hernandez sceglie di onorare i quattro reduci del miracolo d’oro di Atene 2004, per poi lasciare a Ginobili l’applauso più caldo del pubblico presente. Team Usa batte l’Albiceleste (sostenuta fino all’ultimo dai suoi incredibili tifosi) per 105-78.


STATI UNITI – ARGENTINA   105 – 78

Stati Uniti: Butler 7, Durant 27, Jordan 2, Lowry 5, Barnes 3, Derozan 6, Irving 11, Thompson 4, Cousins 15, George 17, Green 1, Anthony 7. All. Krzyzewski
Argentina: Scola 15, Ginobili 14, Campazzo 13, Laprovittola 5, Brussino 2, Delfino 3, Delia, Nocioni 12, Deck 2, Mainoldi 2, Garino 8, Acuna 2. All. Hernandez

Parziali: 25-21; 56-40; 87-61

Rajone