Davide Agapito, da Trieste a La Giornata Tipo

Due chiacchiere con l'artista che ha dato un volto "caricaturale" al mondo della pallacanestro, dalla Serie A all'NBA: perchè basket e arte, tantissime volte, si intrecciano in maniera inscindibile.

Da un pò di tempo, gli appassionati de La Giornata Tipo, si saranno accorti di alcune caricature che condiscono i vivaci articoli di una delle pagine “cult” dell’universo cestistico. Quel mostro della comunicazione che risponde al nome di Raffaele Ferraro, fondatore de La Giornata Tipo, si è avvalso di un altro personaggio che, in un campo leggermente differente, si sta facendo davvero largo: e si parla di uno che, alle spalle, ha un passato cestistico anche in piazze importanti, pure se ha chiuso la sua carriera professionistica abbastanza presto.

“Fanciullo del Ghetto” è un nickname che ai più non dirà molto: a chi di cultura underground se ne intende, però, richiama alla mente un personaggio che risponde al nome di Davide Agapito. E’ proprio lui l’artista che sta dietro alle caricature che propone La Giornata Tipo: un trentenne (è nato il 12 ottobre del 1985) triestino che ha vissuto epoche cestistiche alla Pallacanestro Trieste, nelle giovanili, passando poi per alcune piazze importanti come Virtus 1934 Bologna e Firenze. Ritiratosi dalle categorie nazionali abbastanza presto, ha poi coltivato la sua passione per l’arte, riuscendo a scavarsi il suo ruolo ed un’attività lavorativa che si è incrociata nuovamente con la pallacanestro in tempi recenti. Personaggio cult, di quelli che al campetto lasciano il segno, con i suoi movimenti funambolici, è diventato un personaggio delle “minors”, di quei campionati di provincia dove comunque riesce ancora a lasciare il segno ed a divertirsi. Siamo andati ad intervistarlo, proprio per capire questo curioso intreccio fra pallacanestro ed arte.

Raccontaci un pò com’è andata: come nasce il tuo rapporto con La Giornata Tipo?
“Ho cominciato un anno fa a fare delle illustrazioni ispirate ai giocatori della Nazionale, da Marco Belinelli ad Andrea Bargnani, spaziando da chi mi forniva qualche sensazione particolare, magari non sempre positiva. Anche elementi come Matt Dellavedova, giocatore australiano che non sta simpatico a tutti e non sarà bellissimo da vedere, ma è estremamente competitivo ed efficace ed ha dimostrato di poterci stare in NBA, oppure Andre Iguodala.
L’ho fatto un pò per caso, mandando questi ritratti un poco in giro in circuiti di un certo orientamento e, fra questi, c’era anche La Giornata Tipo: Raffaele Ferraro, che è stato gentilissimo, pur essendo molto impegnato mi ha risposto ed abbiamo iniziato così questo rapporto, dove lui mi dava il tema dell’articolo, insieme ad una rapida chiacchierata con lui o con uno dei suoi collaboratori ed io in tre o quattro giorni tiravo fuori qualche “idea” dalla mia penna”.

Quanto conta il fattore economico e quanto conta la passione, in questo tipo di attività, soprattutto a livello internet?
“I soldi? C’entrano relativamente in questa faccenda; questa è una cosa che faccio per passione, a differenza di altri servizi professionali che mi vengono richiesti su commissione. Ovviamente, essendo a sfondo cestistico, c’è un interesse particolare verso il tema che mi viene sottoposto. Prima di collaborare con La Giornata Tipo, non seguivo molto in profondità questo tipo di tematiche “particolari”: leggevo gli articoli, si, ma non con l’attenzione che ovviamente ho ora, in quanto ne sono coinvolto. E’ stato divertente, anche perchè poi mi è stata richiesta la caricatura di “Gimbo” Tamberi, sfortunato saltatore in alto che non ha potuto partecipare alle Olimpiadi a causa di un infortunio. Un personaggio di cui, prima d’allora, non conoscevo nemmeno l’esistenza ma che, in brevissimo tempo, è diventato il mio idolo.
E’ certamente bello avere un rapporto di questo tipo con Ferraro che, come dicevo prima, è impegnatissimo ma riesce sempre a trovare dieci minuti per parlare con i suoi collaboratori. Non so quanta gente sia disposta a fare come sta facendo lui”.

Basket, arte e musica: tre argomenti che si intrecciano spesso, ma come si fa ad avere successo in questi campi?
“Credo dipenda molto dalla cultura: una persona deve avere innanzitutto la passione che la accende, poi deve avere giocato almeno a livello di campetto e disporre di una certa attitudine verso l’arte. Quest’ultima non ha limiti e può essere “plasmata” a piacimento: proprio tramite questo “mix”, è possibile secondo me riuscire a creare cose di questo tipo”.

Il tuo percorso, cestistico e accademico, ti ha portato dal Nord al Centro, con due particolari tappe: Trieste, la tua città natale, e Bologna, la tua città adottiva. Quanto ti hanno influenzato, a livello artistico?
“Io disegno da una vita: a livello scolastico, ho frequentato un istituto d’arte di Trieste, il “Nordio”, a indirizzo decorazione e pittura; poi, fra un graffito e l’altro, mi sono trasferito a Bologna dove ho frequentato l’Accademia d’Arte, conseguendo la minilaurea in grafica, fumetto ed illustrazione. Lì, ho potuto anche coltivare la mia passione legata alla pallacanestro e ad una città dove si respira decisamente tutta un’altra aria “cestistica”. Ho partecipato per due volte al PlayGround Giardini Margherita, storico torneo estivo: una volta da panchinaro puro, la seconda volta con Marco Pilat, un altro giocatore triestino che dominava i palcoscenici (cestistici e non…) dell’Emilia Romagna, e con Luigi Impagnatiello, mio ex compagno alle giovanili della Pallacanestro Trieste”.

C’è mai stato, in quel frangente, qualche giocatore che ti ha colpito in particolar modo?
“Tanta gente forte, ne ho incontrati davvero tanti in quelle due edizioni: basti pensare ai giocatori della Virtus Bologna che si presentavano sul playground, o alla squadra della “Fossa” che ogni anno schierava qualche elemento della Fortitudo. Se devo citare qualcuno, ai tempi della mia militanza in maglia Virtus avevo come compagni di squadra gente del calibro di Massimiliano Spigaglia, grazie al quale sono arrivato a vestire la casacca felsinea e che si è appena ritirato dopo una carriera ad alti livelli; ma penso anche a Fabio Ruini, play/guardia del 1980 che ai tempi era un fenomeno da 25/30 punti di media ad allacciata di scarpe, o ancora Luca Vitali, che era appena maggiorenne. Di quest’ultimo ricordo che era davvero talentuoso, con un carattere scontroso ed arrogante in campo, ma persona umilissima e simpaticissima fuori dal parquet”.

Nel tuo passato di cestista, un punto molto importante lo hanno rivestito anche le gare di abilità, ball handling ed acrobazie cestistiche. Un aspetto, questo, che si lega molto al discorso della pallacanestro americana e dei funamboli con la palla a spicchi. Parliamone.
“Mi sono cimentato anche in gare di abilità ed esibizioni, legate non solo all’And1 Mixtape Tour, ma direi più in generale all’NBA. A livello di basket americano, il giocatore che mi ispira di più in questo momento è Russell Westbrook, ma anche Stephen Curry è decisamente una spanna sopra gli altri: non mi ritengo un fanatico, ma ecco se devo dire un nome di cui non sono un “fan”, direi LeBron James. Certamente è fisico, potente ma secondo me il basket è decisamente una cosa diversa: anche lui, fra l’altro, è stato protagonista di una delle mie caricature. Tornando alla mia esperienza di esibizioni e gare di abilità, ho partecipato al Battleground di Milano, dove sono stato chiamato dalla Nike e dalla crew dei “Da Move”, giocolieri della palla a spicchi che ho conosciuto a Trieste: un torneo davvero di livello, dove c’erano star del calibro di Vince Carter, Marco Belinelli ed Emanuel Ginobili. Io sono stato eliminato ai quarti di finale da un certo David Brkic, ma ho avuto la soddisfazione di indovinare un paio di cross-over contro di lui”.

Apriamo, per un momento, la parentesi “Da Move”.
“In quei periodi, insieme a Lorenzo Pinciroli ed alla sua “crew”, ho partecipato a diversi eventi e tornei estivi, cimentandomi in esibizioni di ball-handling, schiacciate e cose di questo tipo. Tutti grandi persone, davvero ragazzi speciali, che sono diventati con il tempo una realtà di livello mondiale: io li ho un pò persi, continuando a giocare nei campionati regolari, ma quel periodo è stato davvero un’esperienza unica, ho potuto girare mezza Italia completamente spesato partecipando ad eventi fantastici”.

Solamente caricature o c’è anche dell’altro nel tuo “mestiere”? 
“No, non faccio ovviamente solo caricature: certo, questa è una cosa che è emersa negli ultimi tempi soprattutto per il motivo cestistico e l’influenza de La Giornata Tipo, ma faccio anche disegni, illustrazioni, mi vengono richieste delle grafiche su commissione o anche dei lavori che poi finiscono non necessariamente sulla carta. Il lavoro del grafico è piuttosto vario e, ovviamente, anche le richieste dei clienti”.

La tua “mano” ha lasciato un segno anche su una struttura cittadina, in memoria di Mitja Gasparo: un altro personaggio che, sul playground, ci ha passato una vita intera.
“Esattamente, parliamo del campo all’aperto di Piazza Carlo Alberto (conosciuto anche come PCA Garden, ndr), un celebre luogo di ritrovo dei cestisti affamati di palla a spicchi anche d’estate. Il campetto è stato intitolato a Mitja e, per l’occasione, in accordo con il Comune si è deciso di rimetterlo a nuovo: sono stato contattato da Jacopo Ritossa, amico nonché compagno di squadra di Mitja nella squadra del Cus Trieste e, per questa cosa, bisogna dire che il papà di Mitja, Dario, si è preso la briga di organizzare tutto quanto. Io mi sono limitato a fare le grafiche per i tabelloni, che ancora oggi decorano il campo”.

Come si fa a trovarti on-line o ad ammirare qualche tua opera?
“Per chi volesse vedere i miei lavori o cercare un mio contatto? Lo si può fare attraverso il mio blog fanciullodelghetto.blogspot.it, oppure andando sul profilo Flickr flickr.com/photos/fanciullodelghetto; ho anche un profilo Facebook, al quale si può accedere cercando “David Agapito”, o Instagram (Davide Agapito) e, in questa maniera, è possibile vedere alcuni dei miei lavori”.