5 punti (o spunti) per smontare la tesi di Teodosic nella NBA

Come due amanti troppo timidi ed insicuri, l’NBA e Milos Teodosic hanno continuato un sotterraneo corteggiamento per anni (l’apice del quale era stato raggiunto nel 2013, con l’offerta dei Memphis Grizzlies) ma – come la sua carriera ha dimostrato – non è mai scattata la cosiddetta “scintilla”. Potremmo interrogarci a lungo sulle motivazioni della scelta di rimanere in Europa, ma non sarebbero altro che speculazioni: il presente ed il futuro, quelli sì, contano. A quanto si legge ultimamente, l’estroso fantasista serbo lascia credere ai media che – in realtà – il viaggio oltreoceano era sempre stato un sogno nel cassetto e non esclude dei clamorosi sviluppi di mercato per il 2017.

La nostra prospettiva, da analisti europei che scandagliano con attenzione la lega professionistica statunitense soprattutto quando si tratta di cestisti emigrati dal Vecchio Continente verso la patria dello Zio Sam, converge verso un giudizio sufficientemente caustico: Teodosic nella NBA sarebbe un grosso errore.

I motivi sono molteplici: proviamo ad elencarne qualcuno.

1. Teodosic non è un difensore sopraffino, né particolarmente veloce; se già in Europa può far fatica contro delle point guard più rapide e dinamiche, pensate a come verrebbe giudicato dai coach d’oltreoceano, molto spesso inclini a preferire un giocatore “nella media” (ma in grado di tenere qualche primo passo dell’attaccante) rispetto ad un cestista più dotato tecnicamente ma decisamente più lento e meno reattivo.

2. Quali sono gli europei che godono di così tanta stima da ricevere in premio un minutaggio adeguato? Qualche esempio: Gallinari, Porzingis, Gasol, Antetokounmpo, sono alcuni dei nomi citati nelle classifiche dei migliori europei della stagione 2015-2016; tutti ruoli differenti da quello di Teodosic. Tony Parker, pur avendo 5 anni in più del serbo, gioca una pallacanestro più scattante e ricca di guizzi e uscite repentini ma in ogni caso il suo impiego sta progressivamente diminuendo e la poca “tenuta” difensiva, quando non compensata da Mills e Joseph (come nell’anno del titolo NBA), ha costituito un problema serio per Popovich e per il gruppo di veterani nella regular season passata.

3. Pensate a quando dei playmaker non statunitensi hanno tentato il grande salto: me ne vengono in mente un paio, così al volo. José Calderon, lo stesso Sergio Rodriguez, Ricky Rubio, Marcelo Huertas (concedetegli la cittadinanza cestistica europei, pur essendo brasiliano). Nessuno di questi somiglia al fenotipo “Teodosic”, nessuno di questi ha inciso nella NBA più di quando non avesse inciso o avrebbe potuto incidere in Eurolega, ad esempio. Il veterano del CSKA e della nazionale di Djordjevic ha costruito la sua “legacy” lì dove il suo basket è stato apprezzato, adorato, e soprattutto dove questo insieme di caratteristiche poteva effettivamente esplodere e lasciare il segno. Pensate a Diamantidis…

4. Teodosic nella NBA suona come un ossimoro stridente con la pallacanestro giocata adesso nella Lega: prendete le point guard che si sono sfidate per il titolo 2016. Kyrie Irving da una parte, Stephen Curry dall’altra; per quanto vorremmo che il Q.I. di Teodosic sopraffacesse il catch-and-shoot di Steph o i crossover alla velocità della luce di Kyrie, lo stile di gioco non soltanto più in voga al momento, ma quello che dispensa anelli ai propri sostenitori sul campo, richiede un atletismo che non appartiene e non apparterrà mai al serbo. Un Larry Bird nel ruolo di point guard che sarebbe costretto ad affrontare delle schegge impazzite frequentemente aiutate da blocchi in movimento…

5. Ultima considerazione ma non meno importante: parliamo di dignità. Nessuno toglie alla bandiera di Olympiacos e CSKA il diritto di “giocarsela” nella Lega più ambita al mondo; nessuno gli toglierà il diritto di provare a mandare al bar una schiera di avversari con qualche finta, o di inanellare 10/15 assist senza versare una goccia di sudore. Vale la pena tentare? Può essere. Ma, tralasciando le attestazioni di stima che anticipano l’arrivo di un europeo in terra statunitense, sappiamo bene che la realtà è assai più crudele:  non ho soltanto paura che il didietro di Teodosic scaldi a sufficienza la panchina, mentre in campo assistiamo ad una pallacanestro talvolta inguardabile; temo questo: nelle ultime due stagioni la filosofia “all’europea” di Popovich non ha portato i frutti sperati mente il resto delle franchigie che hanno partecipato ai playoff hanno cercato di adattarsi alla filosofia corrente (small ball, catch-and-shoot, etc.). Che speranza, dunque, per un inserimento sensato di Teodosic? Quanti allenatori saprebbero creare le condizioni per un suo utilizzo efficace? Quanti invece finirebbero per lasciarlo marcire in panchina, magari su suggerimento dei loro top player/divi da palcoscenico?

Rajone