I possibili punti deboli dell’Alma Trieste 2016/17 di Raffaele Baldini

A forza di incensare troppo l’Alma della preseason, si rischia irrimediabilmente di squilibrare gli appassionati verso obiettivi un po’ troppo elevati. E, giusto per levarci il pensiero, il mio modesto punto di vista è che la Pallacanestro Trieste questa stagione possa mirare con convinzione ad entrare nelle prime otto; quindi niente più “miracoli” qualora si entrasse nel novero, ma nemmeno voli pindarici sulla scorta di qualche risultato (e di qualche dichiarazione di addetti ai lavori esterni). Ma vediamo quali possono essere i “coni d’ombra” del roster di questa stagione.

Regia, dietro a Bossi…il vuoto

Stefano Bossi è l’unico play vero dell’Alma Trieste, cioè quello che può dettare i ritmi a piacimento, dotato di estro e di linguaggio alla stessa lunghezza d’onda degli americani. Certo, al triestino manca lo scatto bruciante per battere le prime linee avversarie, ma è affidabile in ogni aspetto. Dietro a lui? Il vuoto, almeno per come lo intendo io. Ci sono giocatori come Prandin, Pecile o… Parks, prestati alla causa ma che, a partire della proprietà di palleggio, non garantiscono totale visione di gioco e pieno possesso del ruolo. Occhio quindi ai press su Bossi o agli sfiancamenti da staffetta.

Centri di stazza e tecnici

Premesso che con i lunghi non vinci le partite (oggi e in A2 ndr.), l’attuale cavalleria pesante rappresentata da Da Ros, Simioni e Pipitone, non sembra attestarsi al corrispettivo reparto delle avversarie (almeno per quello che riguarda il livello medio-alto). Perché? Semplicemente perché in Da Ros mancano i chili e l’attitudine a difendere in area, e agli altri due manca l’esperienza e la “cattiveria” obbligati per il ruolo. In questo contesto c’è da dire, come già rimarcato, che comunque il duo Da Ros-Simioni ha più posizione difensiva rispetto ai predecessori, e il secondo, essendo un attaccante di natura, sa perfettamente come gestire i falli (a differenza del ruvido Pipitone). Un escamotage ci sarebbe: andare tutti e cinque a rimbalzo, con la verticalità di Parks e Green a supporto. In fase offensiva questa atipicità invece sarà il vero valore aggiunto, in cui la pericolosità dei lunghi su ogni centimetro quadrato di parquet, depisterà più di qualche squadra.

Serenità, sfrontatezza e personalità

Tre parole che mescolate possono generare un mix esplosivo, con una forbice che va dalla negatività sino al nirvana cestistico. Devono necessariamente essere calibrate per quello che si va ad affrontare, perché un solo slancio di qua o di là, può far scivolare in un burrone profondo. Serenità, è quella che il gruppo e la città di Trieste hanno regalato ai nuovi arrivati; un mantra che la maggior delle volte ha portato un giocatore a fare la migliore stagione della propria carriera all’ombra di San Giusto. C’è il rovescio della medaglia anche, quella serenità che fa rima con sazietà; i risultati delle scorse stagioni visti come un credito verso pubblico e società, un atteggiamento “molle” mentale che cozzerebbe con il sistema dalmassoniano e con l’aggressività necessaria per ottenere i risultati. Sfrontatezza, da sempre un marchio di fabbrica alabardato (vedi i vari Spanghero, Ruzzier, Tonut, Coronica, ecc.), traino per tutto il gruppo, guidandolo in imprese inimmaginabili; troppa però esuberanza rischierebbe di far deragliare la sporca dozzina, abituata a essere guidata per mano. In questo l’esperienza di Andrea Pecile potrebbe fungere da riequilibratore di spiriti irrequieti sul rettangolo di gioco. Sfrontatezza, incanalata nel giusto verso, può essere una sfumatura positiva della personalità; è necessario che chiunque, come il sistema richiede, si responsabilizzi e non si perda dietro puerili scuse di gioventù. Le ultime stagioni hanno “laureato” tanti giocatori imberbi, capaci di trasformarsi da ragazzini talentuosi, in uomini. A casa Dalmasson, chi arrossisce o si nasconde dietro il proprio dito, può sventolare asciugamani guardando i compagni vincere al PalaDozza…

Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)