Canestri e pennelli: la storia di “Obi” Candotti

Da Tolmezzo con furore: lo storico capitano dei carnici ha, alle proprie spalle, un interessante percorso artistico, che coniuga con l'amata palla a spicchi.

"Obi" Candotti alle prese con una delle sue opere.

Ci spostiamo in Carnia, terra di clima rigido, di montagne e torrenti. Ma è anche un luogo che racchiude un movimento cestistico: circoscritto e periferico, certamente, ma che comunque negli anni ha fatto emergere anche giocatori di un certo livello; fra questi, ricordiamo in particolare David Londero e Federico Bellina da Gemona, oppure Michele Venturelli da Tolmezzo. Ecco, Tolmezzo: il capoluogo di questa terra alpina ha una società di basket che è stata anche in Serie C2 nei suoi momenti migliori. Simbolo di questo gruppo di appassionati è certamente Roberto “Obi” Candotti, ala di 192 centimetri classe 1980, che per tutti è “IL” capitano. Anche lui ha una storia molto interessante, che intreccia la pallacanestro con un’altra arte figurativa: andiamo a scoprirlo.

Hai giocato in Promozione nell’ultimo anno cestistico, com’è andata a livello generale?
“Direi bene, siamo riusciti a mantenere le prime posizioni in classifica ed abbiamo cercato di inserire nuove leve nelle rotazioni, per farle crescere e far prendere loro il ritmo della categoria, amalgamando il gruppo il più possibile”.

Il tuo campionato, personalmente?
“Non posso sicuramente lamentarmi! Mi sono divertito, ho giocato parecchio e, per essere un “vecchietto”, me la sono cavata. E’ stata nel complesso una stagione soddisfacente: il mio compito non era solo quello di esprimermi a livello cestistico, ma anche di fare da punto di riferimento per i più giovani”.

Il movimento, a Tolmezzo, è comunque vivace nonostante negli ultimi anni ci sia stata la “salita” in C2 e poi la discesa nelle categorie minori.
“La Pallacanestro Tolmezzo è sempre stata animata da grande passione, sia a livello di dirigenza che di giocatori; certo, abbiamo anche ricevuto delle belle batoste, ma ci sta. Che sia C2 o Promozione non importa, noi ci diamo dentro a più non posso: sicuramente le retrocessioni e altre vicissitudini ci hanno indebolito a livello di roster della prima squadra, portando qualcuno a giocare altrove, ma sono scelte personali che non mi permetto di discutere. Quello che credo sia più importante da sottolineare è il fatto che, nonostante la lontananza dai principali centri del basket regionali, qui si continuano a produrre e far crescere giocatori, a portare ragazzini sui campi, pur con le innumerevoli difficoltà della logistica montana ed a farli appassionare a questo meraviglioso sport”.

Sei da tanti anni il capitano della prima squadra a Tolmezzo: quali sono i giocatori che hai visto passare nella cittadina carnica e che ti rimangono più impressi nella mente?
“Se dovessi darti un nome su tutti, direi il mio amico “Ventu”, Michele Venturelli. Una testa matta che ha avuto sempre una marcia in più; tuttavia, un fattore che credo ci invidiano in tanti sia il fatto che il Tolmezzo è un team composto per la quasi totalità da ragazzi carnici, amici da una vita. La nostra forza è sempre stata il gruppo e l’atmosfera da campetto che si riesce a ricreare; da adulto questo lo apprezzi tantissimo, perchè ti sembra di tornare ragazzino”.

Veniamo invece alla parentesi meno “cestistica”: con Basket&Art abbiamo inaugurato una rubrica che va oltre alla palla a spicchi e che si immerge in quegli aspetti che, spesso, si mescolano al meglio con lo sport. Tu sei nel campo della pittura e delle arti visive, vero?
“Si, oramai da vent’anni”.

Da dove è nata la tua passione? 
“Disegno e pittura sono una passione che ho ereditato da mia madre, mentre il mondo del “writing” ed i graffiti fanno parte di un’altra storia. Ricordo che era l’estate del 1993 e, durante una passeggiata serale, mi sono imbattuto in un graffito: mi colpì fin da subito questo personale modo di fare arte (anche se non proprio tutti la pensano così) e decisi di farlo mio. Mi piaceva la sfida del confrontarsi con le grandi dimensioni, cercando di dar vita al grigio dei posti più incolori: per me era “espressione” contro “piattume”; ho sempre disegnato tantissimo e, da quel momento, ancor di più. E’ stato come scoprire di avere fame senza essersene mai resi conto e io, questo appetito, lo placo con bombolette spray e pennelli”.

Recentemente, Tolmezzo è stata la cornice dell’Homepage Festival, con opere di street art, musica, arti visive, dibattiti ed eventi sportivi: qual’è stato il tuo ruolo all’interno di questo evento?
“Ho fatto il writer nella manifestazione; mentre si svolgevano gli spettacoli e gli eventi ho realizzato un “pezzo” all’interno del centro studi in uno spazio dove, prossimamente, verranno inseriti due canestri per creare un nuovo playground, a mio avviso uno dei più belli della regione. Il graffito occupa un intero lato lungo del campo e volevo rappresentare l’essenza della pallacanestro: attacco contro difesa, energia, dinamismo e forza”.

Sei d’accordo con il detto “Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”?
“Sono quasi d’accordo: come a tutti, mi capita di dover lavorare su temi noiosi o dipingere qualcosa che non mi aggrada molto ma, se non ci fossero anche queste commissioni, non ci si divertirebbe così tanto a fare quello che ci piace”.

L’arte e la pallacanestro: due campi che si coniugano in maniera molto stretta. Che cosa ti viene in mente, quando accostiamo queste parole?
“Fluidità di movimento e consapevolezza; da una parte, la bomboletta o il pennello che si muovono come un tutt’uno con il braccio che, assecondato da tutto il corpo, crea. Dall’altra, la perfetta consapevolezza di dove deve essere ogni parte del tuo corpo, durante il gioco, per poterti muovere in maniera armoniosa e fluida. In entrambi i casi, tutto deve essere perfettamente sincronizzato, senza soluzione di continuità, altrimenti salta fuori un pastrocchio!”

Quali sono i tuoi prossimi progetti, a breve e medio termine?
“Conto di esprimermi in ogni modo e luogo possibile, preferisco non dire altro”.

Dov’è possibile ammirare i tuoi lavori?
“Per la maggior parte, i miei pezzi pubblici sono stati realizzati a Tolmezzo, mentre i quadri sono finiti un pò dappertutto, qualcuno anche all’estero”.

I ben informati dicono che Roberto Candotti stia pensando di mollare la pallacanestro per darsi al ciclismo…è vero? Se si, a Tolmezzo si stanno già mettendo le mani nei capelli!
“E’ vero! E’ uno sport decisamente meno “usurante” rispetto al basket, a livello fisico, ma è dura. Per il momento, spesso qualcuno cerca di convincermi a tornare, almeno per gli allenamenti, e non nego che questo mi faccia piacere”.

Infine, uno spazio tutto tuo dove puoi dire qualcosa che non hai ancora detto o salutare qualcuno.
“Che dire…ringrazio chi mi supporta, chi mi sopporta, chi mi incita a fare sempre di più e chi mi ha accompagnato in tutti questi anni di pallacanestro e arte”.