
Alla vigilia della visita del quintetto romagnolo al Palarubini ho ipotizzato che per i biancorossi le fatiche sono appena iniziate, dopo lo smarrimento tecnico psichico iniziale la squadra ha ritrovato i suoi equilibri particolarmente con i suggerimenti dei rinati playmaker – Pecile, Prandin e Bossi – nonchè le prodezze atletiche del binomio Green – Parks.
Come vuole la renomée di coach Dalmasson, il quintetto triestino ha stracciato l’avversario di turno grazie ad una difesa superlativa, che per nove minuti e cinquanta secondi della prima frazione di gioco ha permesso all’Unieuro di realizzare un solo canestro; poi, forse per pietà, Pecile con il solo errore di tutto l’incontro ha lasciato che gli avversari giungessero a…quota 5! Pensare che capitan Coronica e compagni possano esprimersi sempre a questo livello è utopistico, ma sicuramente si può dire che è più vicina alla realtà l’ultima prestazione che le miserande precedenti.
Se Trieste ha giocato bene, bisogna dire che Forlì ha deluso ogni e qualsiasi aspettativa agonistica e, se è vero come è vero, che la squadra guidata da Luigi Garelli è stata allestita e composta per puntare ai quartieri alti della graduatoria, è doveroso dire che è stato commesso un grosso errore di assemblaggio.
Mentre Trieste presenta due stranieri che, sicuramente, non raggiungeranno mai la NBA ma che hanno dei numeri validissimi per essere protagonisti nel campionato di seconda categoria italiano, la stramaggioranza delle squadre che militano in serie A2 presentano stranieri che ormai sanno di essere sulla via del tramonto o che, delusi dalla cacciata dal mondo professionistico USA, giochicchiano lungo lo stivale per guadagnare una ben farcita pagnotta.
Il futuro del basket deve essere rappresentato da giovani che abbiano un futuro in crescendo, ma se attentamente si osserva la situazione delle squadre italiane si vede che le fonti del gioco, ossia i playmaker, sono, nella quasi totalità, ben maturi, due soli esempi: Michele Ferri della squadra forlivese è del 1985, Andrea Pecile è nato nel 1980, il solo Bossi dei tre registi triestini è giovanissimo (1994).
Restando allo spettacolo che abbiamo potuto vedere nell’ultima settimana, diciamo che la formazione triestina ha capito, finalmente, che non è seconda “potenzialmente” a nessuno e che se viene superata è dovuto al suo stesso demerito.
Domenica Trieste viaggia verso Recanati, squadra cenerentola con una sola vittoria, dunque il pronostico è tutto biancorosso, un’altra buona occasione per dare continuità alla brillante prestazione di Matteo Da Ros, che sicuramente ha mostrato oltre che maturità un buon filo di continuità, semprechè non si vada a Recanati convinti di aver già vinto.
Attila Frizzo