Post Ravenna: Alma, stanchezza vera o stanchezza…di reparto?

Da sinistra: Prandin, Baldasso, Pecile e Bossi

Il post Ravenna ha aperto un dibattito interessante sulla presunta stanchezza quale variabile incidente sulla sconfitta. Partiamo da dati concreti che potrebbero avvalorare la tesi contraria: Marks 35 minuti di utilizzo, Smith 34, Tambone 29, Chiumenti 28, Raschi 22, Sabatini 15, Masciadri 21, Sgorbati 13, Crusca 3; otto giocatori e un quarto nelle rotazioni di coach Martino. Green 38 minuti, Da Ros 37, Cittadini 30, Bossi 29, Pecile 23, Baldasso 17, Coronica 15, Simioni 9 e Ferraro 2; otto giocatori e un quarto nelle rotazioni di coach Eugenio Dalmasson.

Quindi? Parliamo dello stesso numeri di atleti utilizzati, con una distribuzione simile. Il ragionamento allora deve essere spostato sull’incidenza di reparto; l’assunto sottoscritto da tutti gli addetti ai lavori è che sono gli esterni a vincere le partite, soprattutto in A2. Vivisezionando le due contendenti scopriamo che Ravenna ha potuto contare sull’energia di 5 giocatori e Crusca contro i 4 giuliani; ma ancora non siamo in grado di determinare nulla.

Allora vediamo l’incidenza nei minuti conclusivi: calcolando che i nostri esterni non sono dei mastini difensivi (quanto manca “Bobo” Prandin…), i minuti di riposo per Marks e soci propedeutici al caldo finale (ultimi 5 minuti ndr.) hanno garantito poi 9 punti pesantissimi (compresa la giocata del match su canestro a 2” dal termine dell’azione su rimessa) dell’americano, una tripla di Sabatini e un canestro di Tambone. Per il resto della produzione offensiva solo un canestro di Chiumenti e una schiacciata a “babbo morto” di Smith. Ecco quindi che si materializza un principio secondo cui non è importante il minutaggio dei singoli ma come questo è distribuito nell’arco della partita. I giocatori per default non ammetteranno mai la stanchezza latente, fa parte della “virilità” (o forma mentis) insista nel giocatore di pallacanestro; chi guarda però in video gli ultimi minuti di Orasì Ravenna – Alma Trieste si accorge di una netta diversità di energia fra i due quintetti, messa ancor più nudo da una perdita di lucidità dei biancorossi triestini.

Tutto questo non per trovare dei colpevoli a tutti i costi o calcare la mano su un rovescio che stava nella logica della vigilia, bensì per sostanziare quanto la macchina dalmassoniana, senza il salvagente della difesa a “zona”, necessiti di tutti gli elementi, delle relative rotazioni, per rendere sui quaranta minuti. Non solo, se il risultato del campo è figlio della settimana in palestra, il presupposto di cui sopra deve essere allargato all’intensità degli allenamenti con tutti gli effettivi rispetto al roster monco delle ultime settimane; se non si gettano le fondamenta solide nei giorni antecedenti la partita, la fragilità domenicale può essere diretta conseguenza.

Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)