E’ morto Augusto Avon, mitico presidente della Robur Cordenons

Si è spento a 93 anni una figura iconica del basket pordenonese, esempio di tenacia e passione.

Proprio qualche giorno fa riflettevo sulla morte di questi tempi in cui, per le note esigenze sanitarie, sono vietati funerali e assembramenti in genere. E pensavo a quanto sarebbe doloroso perdere un proprio caro, un familiare o un amico, una persona insomma con cui magari l’ultimo abbraccio risale a giorni se non addirittura mesi addietro.

Pensavo a quanto brutto sarebbe non poterla salutare nel momento più doloroso dell’esistenza umana. Poi ho provato ad auto convincermi che dai no, non può succedere anche questo. E ho cambiato il corso dei pensieri, più per autodifesa che per certezza di qualcosa che non si può decidere.

Stamattina la vita, com’è normale che sia, ha fatto il suo corso portando una pessima notizia, ossia Augusto Avon, il mitico Augusto, ci ha lasciati. Si è spento a 93 anni dopo una vita intensa, per nulla facile.

Chi era Augusto? Innanzitutto una persona buona, anzi buonissima, una delle pochissime persone che mi salutavano con un abbraccio. Sempre, ad ogni incontro, fosse per strada o in palestra. Un uomo generoso, di sentimenti e buoni pensieri, di parole gentili per i propri compagni di squadra così come per i tanti avversari incontrati sui parquet di Pordenone e provincia, calcati fino al suo 85° anno.

Augusto era un mito, sopravvissuto alla barbarie nazista e tornato da emigrato in Venezuela, aveva superato altri momenti difficili come la perdita dell’amata Loredana, nel 2011. Ricordo di averlo incontrato dopo quel lutto, mi abbracciò e pianse, come un bambino senza vergogna, stringendo forte le braccia intorno alle mie spalle cercando supporto e conforto.

Augusto era un esempio, di tenacia e determinazione, di amicizia e rispetto, di passione e volontà. Tenacia nell’andare in palestra sia quando giocava sia quando, appese le scarpette al chiodo, ha continuato a seguire da Presidente ogni singolo allenamento della sua Robur. Determinato nel voler vincere ogni partita, fosse un impegno ufficiale o la classica partita a fine allenamento, competitivo sempre come solo i grandi sanno essere.

Amico di tutti, impossibile non esserlo con chi aveva sempre il sorriso stampato in volto, capace di mostrare anche la sofferenza, come solo le persone vere sanno fare.

Rispettoso dei compagni e del gioco, con gli arbitri era solito fare il “pompiere” dopo qualche vibrante protesta dei compagni, per poi abbracciare i “grigi” alla fine del match.

La passione per la pallacanestro è durata una vita intera: giocatore in attività fino a 85 anni – premiato come giocatore più anziano d’Italia al momento del suo ritiro – playmaker di pura energia con la passione del tiro da 3 punti, ha fatto della passione il suo motto di vita, trasmettendola a chiunque entrasse in contatto con lui.

Che dire poi sulla volontà di chi, dopo tutte le vicissitudini personali di una vita intensa, ha voluto continuare a stare nel mondo della palla a spicchi fino all’ultimo giorno?

Augusto, mi mancherai e ci mancherai. Porterò nel mio scrigno della memoria le tante partite condivise ma, soprattutto, il tuo sorriso e i tanti abbracci ricevuti.

Simone Pizzioli