Storie di basket

Oggi, grazie alla coinvolgente energia di coach Klemen Kladnik, inauguriamo una nuova rubrica, scaturita da una sua idea, con un invito, a tutti quelli che vogliano contribuire, ad inviarci dei filmati che li abbiano particolarmente colpiti in un passato, recente o meno, sempre con tema il nostro amato sport, con due parole sul perché tutto ciò sia stato così importante per loro.

La partita di una vita

Predrag Milović

Predrag Milović, montenegrino, ma da 31 anni in Slovenia ha appena concluso la sua 41.a stagione da allenatore.

La sua carriera inizia con il KK Mornar Bar dove gioca il torneo per l’approdo alla finale del campionato Jugoslavo U15 a Kranj. Vince contro squadre di altissimo livello (Triglav Kranj con Gregor Fučka e Roman Horvat), il Partizan di Belgrado, lo Zadar.

Approda cosi al torneo finale dove si scontra con il KK Cibona Zagabria, KK Smelt Olimpija e KK Rabotnički di Skopje. Tutte squadre giovanili di società militanti nella stimata prima categoria Yugoslava. Il Bar, città di 20.000 persone, con 3 scuole elementari da serbatoio per le proprie giovanili perde in finale contro l’Olimpija. Ma sono i risultati con i U15 il biglietto d’ingresso col quale si presenta in Slovenia.

Nel 1989 allena il Triglav Kranj e diventa subito campione sloveno. Dopo due anni, lascia il Triglav per allenare il KK Postojna dove gioca la finale del primo campionato sloveno (dopo l’indipendenza), la finale di coppa slovena, giocano anche la Coppa Korac (contro Clear Cantu, Trier e Steaua). Al Postojna allenava un ragazzo che ancora oggi si diverte per i campi della C silver – Tomaž Strle. Dopo il Postojna era il tempo del Helios Domžale.

Già allora si presentavano problemi finanziari e con la famiglia, che si stava allargando, comincia a cercare un’altra squadra. Si presenta così la possibilità di allenare il KK Idrija, squadra che milita nella 2.a lega slovena. Paesino piccolo, poco meno di 6000 abitanti, »nel nulla«, conosciuto per la (oggi chiusa) miniera di mercurio e per l’ospedale psichiatrico. Nel 1994 comincia a scrivere una delle più belle storie del basket sloveno.

Coach, ci può descrivere un po’ l’ambiente nei giorni prima della partita contro la Smelt Olimpija?

Prima dell’inizio stagione la presidentessa della società Viktorija Gorjup mi fa sapere che ci sono soldi per 4 giocatori che non siano “di casa”. Conoscendo le squadre con le quali dovevamo giocare nella prima lega slovena ho scelto quattro giocatori vicini ai 2 metri. L’unico giocatore di casa affidabile era il play-leggenda Franci Rupnik (zio di Luka Rupnik, oggi play nazionale sloveno).

Prima della partita contro l’Olimpija avevamo vinto tre partite di fila e si respirava aria di »derby«. Veniva gente agli allenamenti e ci si cominciava a sognare la sorpresa. All’inizio quelli che sognavano erano più o meno i fan, ma pian piano anche l’autostima dei giocatori cresceva. Eravamo una famiglia fantastica.

Il giorno della partita era un po’ più teso del solito. Era la prima volta che la pallacanestro di Idrija ospitava i campioni sloveni dell’Olimpija. Nel palazzetto all’epoca non c’erano tribune classiche ma un »balcone«. Sotto il balcone hanno preparato delle »tribune« solo per quell’occasione. Cosi ad occhio direi che c’erano almeno 2000 persone nel palazzetto. Due ore prima della partita, palazzetto al buio, entro nello spogliatoio, pensavo non ci fosse nessuno. I giocatori si preparano per la partita, io do gli ultimi suggerimenti, usciamo dagli spogliatoi quando »si svegliano« le tribune. Più di 2000 persone che cominciano a tifare. Più di un’ora prima della partita. Indescrivibile.

Prima ha detto che durante la settimana cresceva l’entusiasmo e timidamente ci si pensava a una sorpresa. Quando ha »sentito« che non si poteva perdere?

Non avrei mai fatto da allenatore se non avessi creduto che possiamo vincere contro qualunque squadra. Stessa mentalità anche prima della partita contro l’Olimpija anche se conoscendo il roster del Smelt Olimpija la vittoria realmente sembrava improbabile. Giocatori del calibro di Rašo Nesterović, Boris Gorenc, Marko Milić, Marko Tušek, il leggendario Dušan Hauptman, Jaka Daneu, due centri stranieri (Anthony Reed, 41.a scelta dei Chicago Bulls nel draft del 1993), Alvaro Teheran (214 cm). Ovviamente erano strafavoriti.

In ogni posizione erano in grande vantaggio – sapendo che il nostro centro titolare Jadranko Čović aveva appena 200 cm allora sapevamo a cosa si andasse incontro.

Ero sempre convinto che potevamo farcela, sapevo che gli ospiti avevano cambiato allenatore un paio di settimane prima, sapevo che ci temevano – cosa altrimenti »pensare« del fatto che hanno deciso di venire a Idrija (un oretta di strada con la macchina) la mattina per concedersi un pomeriggio di riposo prima della partita? Non dico che avevano paura, ma rispetto sì.

Il primo tempo abbiamo giocato bene rimanendo sempre in vantaggio. Il secondo tempo pura antologia. Non si poteva giocare altrimenti con il supporto fanatico del pubblico. In un momento del secondo tempo eravamo avanti di 18 punti! Alla fine e’ finita 84-75

Ci può dire chi furono gli eroi della partita?

A guardare la statistica della partita si evince che abbiamo giocato in 5 tutto il periodo. La decisione di scegliere giocatori polivalenti, che potevano giocare più posizioni, risultò decisiva per praticamente tutta la stagione.

I 5 che hanno portato sulle proprie spalle il peso di tutta la stagione erano Milosav Šušič (203 cm), montenegrino che poteva giocare tutte le posizioni, da 1 a 5 e che si sentiva a suo agio giocando da 4.

Saša Dončič

Saša Dončič (papa di Luka) un altro 2 m polivalente, giocava da playmaker, Tomo Tiringer (201 cm) giocava 3-4. L’unico centro di vocazione era Jadranko Čović (200 cm). Completava il quintetto il capitano, leggenda dell’Idrija – Franci Rupnik. Un tiratore micidiale.

L’euforia dopo la vittoria ci ha portati ad altre quattro vittorie di fila e abbiamo finito la prima parte del campionato al primo posto. Impossibile per una matricola. Alla fine, abbiamo finito la stagione al 4.o posto.

Ancora oggi quando rivedo il video rivivo tutto. Una gioia mai sentita sul campo. Non ci sono parole. Ci hanno portato fuori dal campo in spalle. Tutta la citta in festa per tutta la notte, ovunque uscivamo non si pagava niente, né da bere, né da mangiare, aperte tutte le porte. Avevo compiuto 36 anni due giorni prima. Il più bel regalo di compleanno che potevo immaginare.

Dispiace dire ma quello era il massimo che si poteva dare. Il supporto finanziario locale era limitato e se si fosse voluto di più si sarebbero dovuti trovare altri giocatori, ma non c’erano più soldi. Non siamo riusciti a rimanere competitivi e mi dispiace. La stagione dopo siamo finiti ottavi e vedendo come stavano girando le cose sapevo che era tempo di lasciare la città che mi aveva dato tantissimo.

Cosa fa Predrag Milović oggi?

Pedja oggi vive e allena a Postumia il KD Postojna. Giochiamo nella 2.a lega slovena, mi godo il tempo con la famiglia, specialmente con i nipotini Nikša e Fjodor. Ho ancora energie e ambizioni per tante cose, ma sembra siano venuti i tempi dove gli allenatori “vecchi” con autorità e carisma non siano più i benvenuti.