“L’Arancia…Marcia”: la malattia del basket in Italia (parte 2)

Continuiamo il nostro viaggio “filosofico” nel mondo della pallacanestro italiana, per capire quali sono le condizioni odierne e come si può cercare di aumentare la visibilità dello sport da noi più amato.

PERCHE IL BASKET NON ATTIRA: COME CREARE APPEAL

L’interesse ha come condizione imprescindibile l’imprevedibilità del risultato; questa deriva direttamente dalla competitività tra le squadre. Come si crea la competitività? Bella domanda!

Gli sport che si pongono questo problema sono quelli statunitensi: dal metodo del draft, che prevede che la peggiore squadra del campionato precedente scelga il miglior prospetto, a sistemi come salary cap, salary floor e molte altre soluzioni. Chiaramente, non tutti sono percorribili e applicabili, ma la base però di tutto è dettata dall’aspetto economico.

Partiamo da un assunto che è praticamente legge: una società il cui fatturato è 6 volte maggiore rispetto a un’altra non potrà mai avere la medesima competitività. Questo non vuol dire che nello scontro diretto sul parquet da gioco abbiamo una certezza matematica che la squadra dal maggior fatturato vinca, ma ce l’abbiamo sul fatto che il suo campionato sarà sicuramente sempre diverso in termini di ambizioni rispetto all’altra. Il primo index per creare appeal è stabilire un equilibrio economico tra i partecipanti, sia al massimo campionato e ad ognuno dei seguenti. Per questo la situazione contingente può essere un’opportunità per riformare da cima a piedi il sistema, introducendo dei parametri ferrei per iscriversi al campionato.

1 – Allineamento delle gestioni economiche

Per avere una garanzia di concorrenza sullo stesso piano, l’istituto della fideiussione è il metodo più semplice ed oggi probabilmente diffuso, ma rappresenta di fatto uno spreco di tempo e risorse. La formula più corretta ed attuabile è il Salary Floor. Ben più conosciuto e chiacchierato è il suo contraltare Salary Cap, cioè il massimo salariale che tutte le squadre o singolo giocatore possono guadagnare in una stagione. Esiste ed è fondamentale anche un Salary Floor che serve appunto per mantenere la competitività del campionato; la sua ragion d’essere consiste nell’obbligare tutte le squadre ad avere una cifra minima da spendere per il tesseramento in Lega dei giocatori.

La filosofia è, appunto, quella di creare un equilibrio in termini di stipendio e, come è facilmente intuibile, giocatori con simili stipendi dovrebbero avere un simile valore sul parquet di gioco. Altro aspetto non trascurabile è che ciò potrebbe mitigare (eliminare è impossibile) il pagamento tramite “diritti di immagine” di molti giocatori che effettuano le società per evitare in parte dei costi fiscali. Il reale problema deriva dallo status di professionista dei tesserati in Italia, che porta uno spropositato aumento dei costi lordi per le società che dalla serie A2 vengono promosse in serie A. 

Nella lega cadetta, infatti, lo status rimane quello di dilettanti: esentasse fino ai 10.000€ annui, 10% fino ai 40.000 e 22% di tassazione sullo stipendio oltre ai 40.000€ netti a stagione. Questo problema è gravissimo per ogni sport dove lo status di professionista non è sostenibile. A tal proposito è stata molto interessante la proposta del presidente del Cittadella, società che milita nel campionato di Serie B di calcio, di equiparare la figura del tesserato sportivo professionista a quella di dipendente a partita IVA. L’idea andrebbe approfondita sia perché in assoluto al momento potrebbe essere il metodo contributivo più attinente alla professione di sportivo, sia per sgravare le società da dei costi abnormi e insensati che le portano a trovare escamotage al limite della legalità. La disciplina lavorativa, per quanto sia fondamentale per lo sport italiano, è di pertinenza del campo legislativo, che va oltre le istituzioni sportive e sfocia in quelle politiche i cui dibattiti sono come sempre infiniti.

2 – Omogeneità dell’interesse diretto

Il secondo aspetto, quello più delicato, dipende dalle strutture e dagli spettatori. La serie A2 di qualche anno fa rappresentava un caso emblematico in questo senso. Come è possibile che una società come la Virtus Bologna debba affrontare una trasferta in paesi i cui abitanti possono essere inferiori ai soli abbonati del Paladozza? Questo porta una delle squadre più titolate d’Italia a ritrovarsi a giocare nella cosiddetta palestra di paese che non può neanche contenere i tifosi ospiti. Dando per assodato che le strutture sono un problema atavico in Italia indipendente dalle società, basti pensare al dramma che vive giornalmente Venezia, società campione d’Italia in carica, questo non vale per il seguito che un club può avere.

Siamo tutti d’accordo che le vittorie portano il pubblico in un palazzetto, ma lo “zoccolo duro” è facilmente individuabile per ogni società e Pesaro quest’anno è un fantastico esempio di amore per i propri colori: nonostante i soli 2 punti in tutto il campionato e la posizione di cenerentola del campionato, i biancorossi erano costantemente seguiti da un pubblico che per calore e soprattutto numeri era da zona playoff.

In conclusione, la partecipazione ai campionati dev’essere vincolata da: possibilità economiche a partecipare alla categoria, con istituzione di soluzioni a garanzia (es. salary floor oltre la fideiussione) che lo confermino; struttura, pubblico e media spettatori adatti alla categoria, con parametri fissi e certi stabiliti matematicamente; solo in ultima istanza il merito sportivo. L’ultima frase sarà certamente antipopulista e spesso disprezzata dai “nostalgici” dello sport mecenatico non aziendale. Ma se vogliamo che ne 2020 lo sport sia autosostenibile e paragonabile ad un’azienda mettiamoci i parametri delle aziende: chi ha culo vince un anno e poi esplode; chi programma ci mette del tempo, ma sopravvive.

LA PROPOSTA: RIVOLUZIONARE PER (R)ESISTERE

Prendendo direttamente spunto dall’analisi della considerazione precedente, la formula dei nuovi campionati può prevedere un rimescolamento complessivo dei club. Tutte le società possono iscriversi a qualunque campionato, rispettando dei parametri fissi, certi ed inderogabili. Generalmente visto il tipo di limiti di accesso, è presumibile l’impossibilità di squadre di serie B che si iscrivano o viceversa. Tutto questo porterebbe a dei campionati livellati con due promozioni e retrocessioni e poche squadre per ogni campionato, girone unico in A2 e l’introduzione di una B2 su cui spalmare le squadre ora iscritte nelle prime tre categorie: più campionati significa più equa distribuzione del livello, migliore circostanza per la proliferazione del nostro termine ricorrente, “competitività”. Ogni parametro dev’essere garantito ad un minimo di 3 anni, come avviene per l’iscrizione all’Eurolega o, ancora più elaborato, il rispetto del Financial Fair Play UEFA.

Per iscriversi in Serie A: (composizione 14min-16max)

– salary floor di X di monte ingaggi netto nel contratto depositato in Lega

– minimo 2000 abbonati e 3000 media spettatori

– 

Per iscriversi in Serie A2: (composizione 18min-22max)

– salary floor di X/2 di monte ingaggi netto nel contratto depositato in Lega

– minimo 1000 abbonati e 1500 media spettatori

Per iscriversi in Serie B: (composizione 2 gironi 18min-22max)

– salary floor di X/4 di monte ingaggi netto nel contratto depositato in Lega

– minimo 500 abbonati e 750 media spettatori

Per iscriversi in Serie C: (composizione 2 gironi 18min-22max)

– salary floor di X/8 di netto nel contratto depositato in Lega

– minimo 250 abbonati e 375 media spettatori

Renato Will Fiorimino

(CONTINUA)

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