“Nel caos del mondo”: la storia del cestista-poeta

Massimiliano Fiore: un personaggio che anima il mondo delle "minors" e dei campetti, che nel periodo del Covid ha trovato l'ispirazione per mettere su carta i pensieri di tutti questi anni.

La pallacanestro è, da sempre, sport che si contraddistingue: e lo fa anche attraverso i “personaggi” e le storie che racconta. 

Molto spesso si sente parlare di giocatori di basket che, dopo aver terminato la propria carriera, si dedicano ad altri campi coniugando le proprie passioni, il percorso lavorativo o altro ancora: fra i “grandi” del nostro sport, persone come Riccardo Pittis (ex Olimpia Milano e Benetton Treviso) che si dedica al counseling, o altri come Pierluigi Marzorati che è diventato ingegnere ed ha avviato progetti importanti che poi si sono legati al mondo della pallacanestro. 

Ma, si sa, il basket è spesso coniugato all’arte ed alla cultura: e la cosa “rara” è trovare quei personaggi che abbinano capacità cestistiche e passione innata per il basket alla sensibilità nello scrivere e nel toccare pensieri e cervello delle persone grazie alle proprie peculiarità come scrittore. 

E’ il caso di Massimiliano Fiore: chi è costui? Un nome che, ai più, non dirà molto. Ma, addentrandosi nei meandri cestistici dei campetti di Trieste, scopriamo che Massimiliano Fiore risponde al nome di “Max Gancio”. Classe 1971, originario delle Marche (precisamente di Ancona) ma trapiantato a Trieste da moltissimi anni: il “Kareem Abdul Jabbar delle Marche” è una presenza ieratica a centro area nei campetti triestini ed ha nel gancio cielo un fondamentale pressoché micidiale. 

Non ha mai giocato a livello agonistico, ma ha seminato panico tra gli innumerevoli difensori che hanno spesso subìto le sue conclusioni: “Nel caos del mondo” è il libro che riassume le sue fatiche ed i pensieri che lo hanno accompagnato in questo suo viaggio. Pubblicato da Asterios Libri, si tratta di una serie di poesie in rigoroso ordine alfabetico che richiamano la sensibilità artistica di questo cinquantenne che, in un periodo caratterizzato dal Covid, ha trovato nella solitudine e nella riflessione il “pane” per creare un vero e proprio capolavoro. 

Di seguito, un passaggio dedicato all’introduzione del libro: “Max Fiore nasce vicino al Mare. Ma, dietro, ci sono i Sibillini, luoghi con nomi maledicenti e abitati dai lupi. L’infanzia è toccata da tipiche beghe familiari e dall’amicizia fine ed affine con Solitudine. Un giorno capirà che non erano in due, scoprirà che le Solitudini son sette”. Solo quattro righe, il resto lo lasciamo alla vostra immaginazione o, a quella di chi deciderà di acquistare un libro che merita davvero di essere letto. 

Che poi, “Max Gancio” potrebbe anche presto finire lui stesso in un’antologia dei campetti: ma questa è un’altra storia…

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