“Stop and go” anzi… “go and stop”

La formazione biancorossa è chiamata ad un pronto riscatto, dopo la deludente prestazione offerta in quel di Chieti.

Roberto Prandin si è trasformato da eroe in casa a soldato semplice in trasferta.

La Pallacanestro Trieste, nel suo manifesto modus di vivere il campionato di basket di serie A2 girone Est, ha rimediato un’altra bastonata in quel di Chieti. Il risultato finale è eloquente: 89 a 68, ma indicativo è il parziale dell’ultimo quarto quando il boys di Dalmasson hanno realizzato 8 (otto!) punti, prestazione inaccettabile.

Non passi per la testa di niuno dei molti fans biancorossi che la legnata sul groppone è stata motivata dall’impegno in più infrasettimanale, i signorini di Dalmasson hanno viaggiato comodi, hanno dormito meglio, si sono allenati in loco, hanno avuto insomma dalla società tutto quello che occorre per disputare un confronto perlomeno dignitoso.

Il trattamento avuto dai biancorossi rassomiglia molto alle facilities che ultimamente si sono viste anche per alcune selezioni nazionali che risiedevano per settimane e settimane in hotels da cinque stelle, in stanze da uno con trattamento culinario di grande qualità, per poi non conseguire che… il minimo dei minimi.

Tornando al quintetto caro ai più dei tremila e oltre fans sempre presenti al Palatrieste c’è da constatare che già la sofferta vittoria con la squadra di Matera aveva evidenziato che di bello, di buono, di apprezzabile e di ragionevole poco era stato sciorinato sul parquet del Palarubini per aver ragione della limitatissima avversaria di turno.

Spesso il coach del quintetto triestino è riuscito a cavare “sangue dal muro”, sembra però che questo magico modo di operare abbia incontrato secche inaspettate.

I signori giocatori biancorossi, ci scusiamo se ci ripetiamo, devono capire che per il basket triestino e per le loro prebende di fine mese questo è un momento delicatissimo, non c’è ancora l’ambito main sponsor e si cerca di trovare la grana necessaria inventando il sesto uomo cioè ricorrendo alla generosità dei fans che oltre a pagare il biglietto vengono sollecitati a entrare in qualche modo nel finanziamento azionario.

Le osservazioni che sono state evidenziate hanno sicuramente la genesi che è stata segnalata già dalla prima gara, la squadra manca di un ispiratore di alte capacità psico-tecniche dimostrate dalla sua costante qualità. Insomma non si è potuto trovare nulla che rassomigliasse a quanto Carra ha saputo fare nelle ultime due stagioni giocate a Trieste.

Nulla è semplice come criticare, d’altra parte i suggerimenti sono spesso gratuiti anche se l’attuale momento del cestismo della città di San Giusto pretende che si corra ai ripari, serve uno che si possa definire fonte di gioco e un altro che sotto canestro sappia e voglia muoversi da pivot e non da promettente virgulto che la butta dentro di quando in quando dai 6,75.

Prima si provvederà meglio sarà, diversamente continueremo a vedere Dalmasson in cerca del miracolo, i suoi giocatori alternare stop and go e perdere con avversari che vivacchiano nelle zone basse della classifica.

Molto probabilmente non si vorrà o non si potrà andare in cerca dei due indispensabili elementi che mancano alla formazione biancorossa, vedremo come andrà anche perchè questa è una città da amare e da odiare, un ex borgo di pescatori fatto divenire a suo tempo il secondo porto d’Europa, dove si abbandonano i punti franchi sul mare, dove si trasformano i palazzi più importanti delle maggiori compagnie di assicurazione in alberghi, dove nel più rinomato dei musei, il Revoltella, a suo tempo sono state tolte e portate in cantina opere d’arte perchè create da artisti ebrei e tante altre cose belle brutte bellissime e bruttissime, come quella di sentirsi definire “friulani” e “giuliesi” da uomini del basket che qualcuno ha voluto dotare di microfono.

L’attuale momento della Pallacanestro Trieste 2004 necessita di una fondamentale decisione, spetta ai dirigenti assumerla.

Attila Frizzo