Boscia Tanjevic: “Trieste era ad un passo da Drazen Petrovic”

Fonte: Il Piccolo a cura di Roberto Degrassi

Una bella intervista di Roberto Degrassi a Boscia Tanjevic, l’eccellenza che Trieste ha avuto l’onore di accogliere. Alla vigilia del suo settantesimo compleanno, Boscia si confida:

«In fondo è come se avessi due volte 35 anni. E poi, se mi volto indietro, mi accorgo che in fondo giovane non lo sono stato mai. Ho iniziato ad allenare a 24 anni. Quando mi sono sposato ero un ragazzo ma tutti pensavano che fossi molto più grande. Nelle foto stavo sempre serio. Con i baffi. Dicono che ora sorrido molto di più. Invecchiare significa anche imparare a scherzare. Il modo migliore per affrontare anche i momenti peggiori. Ho cercato sempre di combattere con forza, l’ho fatto nel lavoro, l’ho fatto nella malattia. Lottare con il sorriso. Nessuno mi ha visto soffrire».

13 Febbraio

«Non è solo la data del mio compleanno. C’è un altro ricordo. Quarant’anni fa giusti. Grazie a Delibasic il mio Bosna batte il Partizan. Momenti di gloria: con questa vittoria saliamo a +4 in classifica sulla Jugoplastika, a +6 sullo stesso Partizan, imbattuti a otto partite dalla fine di un campionato jugoslavo senza play-off e a 14 squadre. Altri tempi, d’estate si facevano due mesi e mezzo di preparazione… Il 13 febbraio pensiamo di avere già in tasca lo scudetto. La settimana dopo perdiamo con la Jugoplastika, poi perdiamo di nuovo. Noi diciamo: “Quando la scimmia ti gira le spalle”. Ecco, va tutto storto. A fine stagione Spalato si prende scudetto e Coppa Korac. Noi restiamo a mani vuote».

Trieste, rimpianti e Petrovic

«La mia vita è stata divisa a metà: 35 anni di Jugoslavia, 35 di Italia. A Trieste con la Stefanel abbiamo costruito una bella storia. Ci è mancato solo lo scudetto. Lo vincemmo poi a Milano però pare che lì tutti se ne siano dimenticati. Sì, è vero: c’è stato un momento in cui è mancato un niente che Drazen Petrovic firmasse per la Stefanel. Eravamo già d’accordo, avevo parlato con la madre, era ancora “picio” ma ero stato proprio io a lanciarlo in Nazionale. Un quadriennale da un milione di dollari. E invece retrocediamo, perdendo lo spareggio di Bologna contro Gorizia. Tutta colpa mia. Ero stato presuntuoso, avevo già in testa la squadra dell’anno dopo e non avevo fatto i conti con la drammaticità dello spareggio, affrontato per giunta senza il mio play, Fischetto. Drazen andò al Real Madrid. A Trieste ci è tornato più tardi, per allenamenti con i ragazzi delle giovanili. Lo ricordo ancora, con la bella tuta a quadratini che la Stefanel ci fece. I ragazzini impazzirono per lui. A Trieste il basket piace, lo respiri: mi entusiasma l’Alma, merita ogni domenica 6mila spettatori. Ma a Trieste il basket non vive solamente al Palasport. Ricordo quando portavo i miei figli al ricreatorio di Barcola. Bella cosa, i ricreatori».