Bolognesi, facciamo una scommessa? di Raffaele Baldini

maxresdefaultHo letto molti giornalisti e addetti ai lavori tracciare un quadro funereo dell’epilogo stagionale in A1 e A2; soprattutto a Basket-City c’è un’aria malinconica, appena mitigata dal derby in vista del prossimo campionato, definito già “scolorito”. E io apro una sfida, scommetto, in Giugno (!!), che lo scontro fratricida sarà uno dei più intensi della storia felsinea.

Chi ha vissuto nobili palcoscenici in epoche recenti, vedi sponda Virtus, superficialmente giudica il salto verso il basso come una discesa all’inferno. Per logiche corporative mai e poi mai si interfaccerà con il cuginastro fortitudino per chiedere lumi sulla cosa, ma se lo facesse riceverebbe diversi elementi per cui sorridere. Chiedete ai giocatori di Matteo Boniciolli cosa vuol dire indossare la casacca gloriosa con la “F” sul petto da italiani (e magari da bolognesi o da tifosi), vi mostreranno il logo “ricamato” sulla nuca dal barbiere. Chiedete a quelli della“Fossa” cosa vuol dire riconoscere i propri combattenti, incitandoli in italiano e non dovendo spiegare il senso di un derby stracittadino. Chiedete cosa vuol dire, a chi vive di appartenenza, veder piangere un allenatore dopo gara 4, commosso dall’eroico sforzo profuso in stagione dai propri ragazzi.

Tutto questo dimostra incontrovertibilmente che l’A2, per come è strutturata, è la categoria per ritrovare le passioni sopite, quelle che coniugano la pallacanestro italiana con le radici cittadine. Quanto in serie A lo “straniero” di turno da Gennaio si guarda intorno per contratti più ricchi o soluzioni più accomodanti, in seconda serie diventa parte di un progetto cittadino, appartiene. In serie A ho visto tanti americano “consumare” la stagione svogliatamente, in A2 ho visto indolenti di natura come Hollis trascinare a suon di tuffi sul parquet la Leonessa alla promozione.

Importanti addetti ai lavori, conosciuta la realtà italo-dilettantistica della seconda serie, hanno decretato apertamente la loro preferenza  rispetto a quanto proposto al piano di sopra. Certo, non si mette in dubbio che la qualità non è paragonabile (e anche su questo avrei da ridire), ma l’immersione in questa categoria è come un viaggio in Tibet per ritrovare il proprio “io”.

Ora è giusto difendere la propria nobiltà cestistica a fronte di sfregi sportivi, ma il prossimo anno, ci rivedremo e mi saprete dire  come è stata questa “purificazione” agli inferi.

Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)