Nicolas Bossi (Servolana): “Vi racconto la mia Inghilterra”

La guardia/ala della Servolana è reduce da un'esperienza di cinque mesi a Southampton, dove ha anche affrontato la pallacanestro inglese.

Non capita tutti i giorni di imbattersi in un giocatore che ha avuto la possibilità di giocare in Inghilterra. Parliamo di pallacanestro, non di calcio e, infatti, l’Inghilterra non è sicuramente uno dei paesi principali per quanto riguarda la palla a spicchi: l’avventura di Nicolas Bossi, però, è curiosa perchè coniuga sport e cultura e, ancora una volta, testimonia come i giocatori di pallacanestro si portino sempre con sé un certo qual bagaglio intellettuale, a differenza di altri sport. Bossi, guardia/ala di 188 centimetri classe 1988, da due partite è tornato a difendere i colori della OFM Lussetti Servolana di C Silver ma nei mesi precedenti ha vissuto un’esperienza interessante a Southampton, dove ha potuto studiare e contemporaneamente coltivare la sua passione, ovvero la pallacanestro. Una storia interessante, da approfondire e conoscere, come da conoscere è questo ragazzo che, nel suo passato, ha toccato molte tappe regionali nelle “minors” del Friuli Venezia Giulia.

Nicolas, come mai hai lasciato la tua città per quest’avventura lontano da casa?
“La ragione principale che mi ha fatto lasciare Trieste per l’Inghilterra è stata la curiosità che, unita all’ambizione di imparare, conoscere qualcosa di nuovo e migliorarsi mi ha dato la spinta giusta. Conoscere cosa? Un nuovo ambiente, un sistema diverso, qualche cosa che mi desse degli input per uscire dagli standard pre-impostati. Ho avuto la possibilità, in questi mesi, di conoscere moltissime persone, farmi tanti amici e venire a contatto con culture e mentalità differenti dalla mia: un qualcosa che mi ha permesso di ampliare la mia visuale”.

Raccontaci qualcosa in più del fattore universitario e del suo sistema. 
“Studiare in una realtà grande e bellissima come la University of Southampton, nella facoltà di Ship Science (ingegneria navale), è stato un vero onore. Sicuramente non è stato facile ritrovarsi catapultato improvvisamente in una nuova realtà e in un sistema che non conoscevo, ma ne è valsa veramente la pena, vista anche la grande qualità dei professori, davvero ottimi”.

L’Inghilterra è più famosa per il calcio, ma tu sei un cestista: com’è andata sul parquet? 
“Ho avuto la possibilità di giocare con la prima squadra dell’Università di Southampton, che compete sia nel BUCS (campionato inter-universitario) che nella terza divisone della National League: quest’ultima, essendo un campionato senior, era certamente molto più interessante e direi che il livello è paragonabile alla nostra serie C Silver. Probabilmente il livello fisico è un po’ più alto, ma come tecnica è certamente più carente rispetto all’Italia: l’Inghilterra è rinomata per il calcio, per cui la pallacanestro è messa decisamente in secondo piano”.

Qualche particolarità, a livello cestistico, in questi mesi?
“Ho giocato con ragazzi di tutto il mondo ed è stato certamente bello vedere che, pur arrivando da realtà cestistiche totalmente differenti fra loro, alla fine la palla a spicchi ci accomunava tutti mettendoci vicino l’un l’altro. La pallacanestro inglese potrei definirla eclettica e “pittoresca” a volte: può capitare di incontrare il giocatore di colore, rasta, che magari segna cinquanta punti: ti chiedi come mai non giochi a livelli più alti e poi scopri che nel suo passato c’è stata anche la militanza nella prima lega inglese, seguita però da sospensioni molteplici per cause disciplinari. Questo è solo un esempio”.

Alla fine, il rientro a Trieste, alla Servolana. 
“Dopo cinque mesi cominciavo ad avere un po’ di nostalgia di casa, sia per quel che riguarda la famiglia, sia per gli amici. E, ovviamente, anche della mia amata pallacanestro: in Inghilterra, infatti, non si vive “la squadra” e le partite come si fa qui da noi, è tutto molto più distaccato. A me mancava lo spirito di squadra e sono stato felicissimo di ritornare alla Servolana perchè, già dal secondo giorno dopo il mio rientro, ho ripreso ad allenarmi rivedendo con piacere compagni, allenatori e dirigenti”.

Che cosa ti porti dietro, da quest’esperienza?
“Come tutte le cose, ci sono dei “pro” e dei “contro”, ma io consiglio a chiunque un’esperienza del genere, vissuta però con un certo atteggiamento e con la capacità di vedere e tirar fuori più aspetti positivi possibile. Personalmente sono felicissimo e mi sento fortunato di aver avuto questa possibilità, grazie all’Università degli Studi di Trieste: i riscontri positivi sono numerosi da qualsiasi punto di vista e ci vorrebbe tantissimo tempo per esplicarli tutti”.

Uno sguardo all’Italia o ancora all’estero, nel futuro di Nicolas Bossi?
“Non nego che, ora come ora, anche se sono appena tornato la mia motivazione è quella di levare nuovamente le ancore, per rincorrere nuove e stimolanti possibilità; è però anche vero che la casa rimane sempre “la casa”, per cui vedremo cosa mi riserverà il futuro e dove mi porterà”.

Intanto il futuro lo porta sui parquet della C Silver, con la maglia bianconera della OFM Lussetti Servolana Trieste: quella maglia che Nicolas Bossi difende con orgoglio e continua ad onorare weekend dopo weekend.