Analisi post gara 1 Play Off di Raffaele Baldini

Una bella e una cattiva notizia

Una bella e una cattiva notizia. La bella notizia è che la Remer Treviglio è questa al suo massimo, difficilmente si potranno vedere versioni più affinate della splendida espressione di gara 1. La cattiva notizia è che coach Vertemati è uno estremamente preparato e che ha già in serbo due-tre accorgimenti per limare quel minimo gap, per un gruppo che ha capito dalla prima uscita che la distanza non è poi così ampia. Di certo Treviglio è arrivata con un’idea chiara all’Alma Arena, ha giocato una pallacanestro di personalità trovando protagonisti diversi in momenti diversi. Il limite? Proprio nelle rotazioni, asfissiato Marino dalla difesa di “Bobo” Prandin (vedi capitolo seguente), lasciato sfogare Sollazzo (pure troppo…), Marini, Sorokas e Rossi rappresentano complementi travestiti da terminali. L’Alma Trieste ha potuto permettersi un Green avviluppato in un esordio complesso, Parks silente per metà match e in generale un potenziale smorzato che ha comunque portato a casa gara 1. E questa è la più gran notizia, l’ 1 a 0.

La museruola di Prandin alla fonte avversaria

Tommaso Marino ha rappresentato nei primi minuti il vero rebus difensivo per la squadra triestina; devastante dal palleggio con cambi di direzione taglia-gambe, puntuale negli scarichi ai compagni. Poi si materializza un incubo marchiato con il “17” in canotta biancorossa: Roberto Prandin. A quel punto la  serata è diventata un inferno balistico, un percorso ad ostacoli che parla di 10 punti a referto ma con un 2/9 dal campo. La difesa sul tatuato regista lombardo non è una chiave della partita, è forse LA chiave anche in proiezione futura.

Da Ros e Cavaliero, che intesa!

Due ottimi giocatori di pallacanestro, due competenze che elevano il tasso tecnico dell’Alma Trieste. L’esordio di Daniele è stato quanto uno può sperare nei sogni della vigilia, 3/3 al tiro in un amen e un feeling con il canestro manco fosse mai andato via da Trieste; se Vertemati in sala stampa parla di “campione”, noi parliamo di un giocatore di livello superiore, basti guardare il numero elevato di assistenze date con i tempi giusti. Non parliamo poi del clamoroso comune linguaggio cestistico con Matteo Da Ros, due “fratelli siamesi” della palla a spicchi  per come si son trovati sui 28 metri di parquet. Comunicazione ai massimi livelli nei pick’n roll, volontà di cercarsi e incidenza clamorosa. La versione offensiva di Matteo Da Ros in gara 1 è onnipotenza pura, se poi ci mettete i 9 rimbalzi a corollario, siamo alla santificazione.

Panchina lunga, rotazioni complesse

C’è un aspetto che cambia fra stagione regolare e play off: quello delle rotazioni degli effettivi. Se in stagione regolare si possono fare esperimenti, “punire” un giocatore in funzione del domani o comunque responsabilizzare tanti per le necessità future, nei play off tutto questo deve tradursi in gradi. Dalmasson conferma in sala stampa: “continuerò a ruotare chi è più pronto, senza guardare in faccia nessuno e cercando di ampliare le opzioni nei quaranta minuti”. La sensazione però che le difficoltà aumentino, che ci sia la necessità di gerarchizzare comunque l’utilizzo dei giocatori, per non rischiare di confondere troppo le carte agli avversari, rischiando di farlo prima con se stessi. Pecile entrato freddo dopo troppi minuti, Cittadini per lungo tempo in panchina e qualche minuto punitivo di troppo per Green e Parks rischiano di pesare in partite che non ammettono il minimo errore; oppure tutto questo è il sacrificio calcolato all’altare dell’obiettivo massimo, per cui ne riparliamo a giugno.

Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)